Trionfi e sconfitte: vivere con la malattia di Behçet
Cindy dagli Stati Uniti ci racconta la storia della sua vita con la malattia di Behçet, una condizione cronica caratterizzata da disturbi a carico del sistema immunitario.
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La mia diagnosi
Nel 2008 sono cominciati i primi episodi. Sono sempre stata una persona attiva, ma cominciai a sentirmi estremamente stanca, avevo difficoltà a camminare per brevi tragitti e la sensazione di attraversare una piscina portando addosso una spessa coperta di lana bagnata. Il mio corpo cominciò anche a manifestare strani sintomi neurologici. Poche settimane più tardi, stavo camminando quando all’improvviso non riuscì a sentire più nulla dalle caviglie in giù.
Cominciò allora un lungo periodo di consultazione di specialisti della mia zona, un reumatologo, due neurologi e un endocrinologo. Feci risonanze magnetiche e TAC al cervello, test di conduzione nervosa e analisi del sangue. Tre anni dopo mi dissero che dovevo recarmi presso un ospedale terziario.
Prima consultai un endocrinologo, che non aveva idea di cosa avessi e mi consigliò di riferirmi a un neurologo e a un reumatologo. Il neurologo escluse subito la sclerosi multipla, ma non riuscì a capire cosa non andasse in me.
Mi ammalavo sempre di più e brancolavo nel buio. Poi finalmente decisi di consultare il reumatologo e tutto cambiò. Il dottore entrò nella stanza e aveva letteralmente i capelli dritti in testa. Parlammo brevemente e mi disse che sarebbe tornato dopo 10 minuti. 15 minuti più tardi lo vidi tornare, aveva riprogrammato il resto dei suoi appuntamenti della giornata e con mia grande sorpresa trascorse più di 2 ore con noi!
Era convinto che avessi la malattia di Behçet. Ero un caso da manuale. Mi disse che voleva fare la tipizzazione del DNA ma che non si aspettava che venisse positivo come per circa la metà dei pazienti affetti da Behçet. Ma poi l’HLA-B51 è risultato positivo.
Alla fine avevo ottenuto una diagnosi e mi sentivo sollevata, perché ricevere una diagnosi funesta era sempre meglio di non sapere che cosa avessi. Ho studiato ampiamente la malattia di Behçet. Mia moglie invece soffriva moltissimo, sebbene da un lato fosse sollevata per aver finalmente ottenuto una diagnosi, dall’altro era devastata per questa rara malattia autoimmune che mi aveva colpita.
Il mio sollievo fu di breve durata, perché tra cercare diversi trattamenti e trattare gli effetti collaterali, ero estremamente arrabbiata per via di questa malattia che mi avrebbe accompagnata per tutta la vita e che avrebbe potuto distruggermi lentamente nel corso degli anni. Ero arrabbiata con il mondo.
Passi avanti
Come ho fatto ad affrontare tutto questo? Non lo so. Cercavo di vedere l’aspetto positivo, ma non funzionava. Ho continuato a lavorare a tempo pieno, anche se molte volte pensavo di non farcela fisicamente. Ho continuato ad allenarmi, ho visto un terapeuta per poche settimane, ho continuato a dipingere, viaggiare e ho persino ricominciato ad avventurarmi con lo zaino in spalla. Ero determinata a condurre una vita il più normale possibile! Ma niente sembrava funzionare.
Ciononostante, un giorno, poco più di due anni dopo la mia diagnosi, ho capito improvvisamente che in fondo non ero poi così arrabbiata. Sono stata finalmente in grado di guardare oltre la negatività e di vedere che non era una questione personale. Non è stato qualcosa di graduale, semplicemente un giorno non mi sono sentita più così arrabbiata.
Trattamento
Abbiamo provato diversi medicinali e combinazioni di farmaci. Infine, siamo arrivati a una combinazione che ha funzionato meglio di altre. Ci sono stati alcuni effetti collaterali, ma in generale l’ho tollerata abbastanza bene fino a quando non si sono manifestati i primi effetti tossici.
All’epoca era appena uscito un nuovo farmaco, ma era molto costoso. Il medicinale in questione poteva essere utilizzato per il trattamento di altre malattie al di fuori dalla sua indicazione mediante un utilizzo off-label, ma le assicurazioni di solito non pagano per i farmaci off-label. Ebbene, nonostante il mio medico avesse scritto una lettera alla mia assicurazione, la compagnia assicurativa mi negò il rimborso del farmaco. Decidemmo quindi di fare appello.
Ancora una volta, fummo fortunati, poiché la società farmaceutica che produceva il farmaco aveva appena pubblicato uno studio di ricerca sul New England Journal of Medicine che ne dimostrava l’efficacia per la malattia di Behçet. Dopo circa 9 mesi (e 2 appelli), la mia assicurazione approvò il rimborso del farmaco e da allora ho potuto assumerlo.
Oggi
Non sono mai stata in remissione, né tantomeno ci sono andata vicino. Continuo a soffrire di eruzioni cutanee, piaghe, problemi sistemici, sintomi di disfunzione del sistema nervoso autonomo, sintomi di vasculite e disturbi della memoria. Ho sofferto di episclerite e irite agli occhi. Ho sviluppato una forma di DOC lieve (meno la “C”) che è una componente della malattia.
Ma il mio attuale piano di trattamento ha ridotto al minimo la gravità e la frequenza di questi sintomi. Fondamentalmente, ora sono in grado di svolgere qualsiasi attività cercando comunque di modificare alcune cose nella mia vita. Mi piacciano i viaggi avventurosi, il campeggio e la pittura. Mi alleno per 5 giorni alla settimana e continuo a lavorare a tempo pieno.
Cosa mi aiuta ad affrontare la malattia di Behçet?
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Ho smesso di definirmi attraverso la mia malattia e ho fatto invece una lista di aspetti che mi identificano: sono una moglie, una pittrice, una viaggiatrice, un’amante della natura e un’impiegata. Ci è voluto un po’, ma ho cominciato a vedere me stessa separata dalla malattia.
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Ho dovuto accettare la rabbia e la depressione. Ho scoperto che cercare di forzarmi ad allontanarle ha solo peggiorato le cose e probabilmente le ha prolungate.
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Cerco di dormire molto quando possibile e di mangiare alimenti sani, che mi aiutano a diminuire i dolori.
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Coltivo i miei hobby, anche quando non mi va di farlo!
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Cerco di evitare lo stress. Non possiamo evitare la maggior parte delle cause quotidiane di stress, tuttavia, ho cominciato a notare quali sono gli elementi della mia vita che mi stressano di più e ho cercato di cambiarli. Ho scoperto che la comunicazione e l’onestà sono fondamentali per me. Mia moglie è la mia più grande sostenitrice!
Non sono un guru, né un medico o uno psicologo. Sono solo una persona normale con una malattia autoimmune. Ho trovato delle cose che mi hanno aiutato e sinceramente mi auguro che possano farlo tutti!
Eva Bearryman, Communications Manager, EURORDIS
Traduttrice: Roberta Ruotolo