Sindrome dell’X-Fragile: uno spaccato di due generazioni
Elisabeth* prese un congedo di due anni in occasione della nascita del suo secondo bambino nel 1998, perché voleva trascorrere del tempo con lui. “Trascorrendo ogni giorno con Paul*, ho potuto vedere che era diverso. Evitava la compagnia e fu chiaramente doloroso per lui quando cominciai a lasciarlo all’asilo nido per un’ora o due. La separazione si rivelava molto più difficile e drammatica per lui che per gli altri bambini” ricorda Elisabeth.
Elisabeth cercò di allertare la sua famiglia e il suo medico ma ottenne di risposta il solito “non ti preoccupare”, o “forse dipende dal tuo modo di allevare il bambino”. Quando Paul fu in età prescolare, il pediatra finalmente decise di effettuare alcuni test e il cariotipo. “Ricordo che continuavo a pensare che i risultati mi avrebbero rassicurato una volta per tutte, perché ero convinta che sarebbero stati negativi” Sfortunatamente, non ci fu alcuna rassicurazione: a Paul fu diagnosticata la sindrome dell’X-Fragile all’età di due anni e mezzo. “Sentivo che il mio mondo si era capovolto”.
Nel caso di Antoine e Sebastien, invece, ci sono voluti oltre dieci anni per ottenere una diagnosi corretta. Entrambi figli di Viviane, infermiera, nati dopo delle gravidanze difficili nel 1979 e nel 1981. Sebastien era ipotonico e cominciò a camminare solo all’età di cinque anni, gli fu diagnosticato erroneamente autismo e idrocefalo, suo fratello Antoine, invece, aveva uno sviluppo normale, cominciando a camminare a nove mesi, ma era iperattivo. “Avevo un bambino che voleva nascondersi dietro la porta, che giocava all’infinito con un piattino e un altro che avrebbe voluto correre ovunque e sbattere la testa sui muri”, racconta Viviane. Quando cominciarono a frequentare l’asilo, gli insegnanti chiesero a Viviane che cosa non andasse a casa per i due bambini per comportarsi in quel modo.
“Ci sentivamo isolati. Io sono stata in terapia per cinque anni, mio marito ha fatto lo stesso e anche i nostri due ragazzi andavano dallo psichiatra. Una parte della nostra famiglia ci rifiutava”. Dopo aver guardato Telethon nel 1987 ed ascoltato alcune storie che assomigliavano alla sua vita quotidiana, Viviane decise di contattare un genetista. “Sebastien ed io siamo stati ricoverati per otto giorni e ci siamo sottoposti a diversi test, anche dolorosi”. Tre mesi dopo, una lettera informò Viviane che Sebastien era affetto dalla sindrome dell’X-Fragile, che la malattia era ereditaria e genetica e che avrebbe dovuto sottoporre tutta la famiglia al test. “Cominciai a urlare perché capii che avevo trasmesso la malattia ai miei figli. Non c’era nessuno a dirci cosa fare, da dove cominciare e nel 1989 non c’era nulla sull’X-Fragile”. Viviane e i suoi figli furono i primi a ricevere questa dagnosi nella regione francese della Bassa – Normandia e accettò di essere un caso di studio. Un anno dopo, Viviane e suo marito Xavier crearono la prima associazione dei malati di X-Fragile in Francia (e Europa), Le Goëland.
Una decade dopo, quando Elisabeth apprese della malattia di suo figlio, molte cose erano cambiate. Il gene responsabile della sindrome, l’FMR1, era stato scoperto nel 1991 ed esisteva appunto l’associazione Le Goëland, impegnata nella sensibilizzazione del pubblico su questa malattia, ciononostante Elisabeth non ricevette molto sostegno quando le fu annunciata la diagnosi. “Il pediatra non mi disse molto e non afferrai la realtà delle cose. Mio figlio aveva una forma di X-Fragile detta “a mosaico” e dal punto di vista fisico stava bene. Non ero preparata al dopo”. Un genetista diede a Elisabeth i dettagli dell’associazione Le Goëland e lei entrò subito in contatto con altri genitori. “Vogliamo tutti la stessa cosa: conforto da altre famiglie, ascoltare esperienze quotidiane simili alle nostre, sostengo nell’affrontare le nostre paure e le nostre colpe” afferma Elisabeth.
Viviane elogia l’“incredibile” gruppo di persone che ha circondato lei e la sua famiglia. “I miei colleghi, i genetisti, i medici e i terapisti hanno permesso alla nostra famiglia di essere più forti, di stare insieme e di affrontare quella malattia, che io consideravo come un estraneo che irrompe nella tua vita e ti costringe a rispettare le sue leggi”. Mentre Elisabeth, sfortunatamente, non ha avuto questo sostegno. Suo marito l’ha lasciata subito dopo la diagnosi e lei ha dovuto affrontare tutto da sola, cercando di barcamenarsi in questa situazione per ben tre anni. “Paul era un paziente ambulatoriale e frequentava la scuola due mattine a settimana. Alcuni genitori si lamentavano che disturbava gli altri bambini, non c’erano degli indennizzi per lui a scuola o in ospedale, doveva essere solo tenuto occupato”, ricorda Elisabeth. La mamma decise dunque di trasferirsi e trovò una bellissima scuola a Châtelaillon dove esisteva una classe speciale di integrazione scolare per bambini con bisogni speciali (CLIS). Paul veniva assistito, coinvolto in molte attività, faceva amicizia e adorava ogni minuto trascorso a scuola. Ma lo scorso anno, quando Paul è passato alla scuola secondaria, le cose sono di nuovo cambiate “E’ perso; resta a scuola solo per due ore, per poi essere trasferito con un taxi in un altro posto dove non fa nulla. Ha avuto due crisi, la scuola lo ha mandato in un ospedale psichiatrico dove gli hanno somministrato dei farmaci e dove è rimasto per alcuni giorni. Lo hanno persino espulso per due giorni!” racconta Elisabeth.
Dopo anni nel deserto senza diagnosi, Viviane ha trascorso anni nel buio senza una cura. Le classi speciali di integrazione scolare non esistevano ai suoi tempi e tutti i bambini che ripetevano l’anno scolastico venivano immediatamente agli Istituti Medico-Educativi (IME). In questi Istituti, la diagnosi era un vero taboo! “Venti anni fa, ti dicevano che avere un bambino handicappato era già una sofferenza, quindi perché aggiungere anche il nome di una malattia? Così i miei figli erano agli IME, trattati come tutti gli altri e dovevamo pagare per avere terapisti privati”. Viviane e Xavier continuavano a lavorare a tempo pieno per poter pagare una cura corretta ai propri figli. Viviane faceva i turni di notte e Xavier lavorava durante il giorno. Ci sono volute pazienza quotidiana, organizzazione militare, disciplina, fede e quattro anni per Sebastien e Antoine affinché cogliessero il significato del tempo. “La mia energia è proporzionata allo trauma di essere una madre che ha trasmesso la sua sindrome ai propri figli”, afferma Viviane, che oggi è Presidente di Alliance Maladies Rares. Antoine e Sebastien lavorano entrambi in Centri Specialistici del Lavoro (CAT) dove l’ex bambino iperattivo mette tutta la sua passione nella saldatura di precisione!
Paul ha cambiato di nuovo scuola ed è ora in un collegio a quattro ore di strada da casa. “E’ difficile restare separati. Non posso lasciarlo a casa perché sarebbe troppo costoso e io non posso muovermi per via del mio lavoro, così non ho altra scelta”, racconta malinconicamente Elisabeth.
*I nomi sono di fantasia
Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta nell’edizione di Giugno 2011 della newsletter di EURORDIS
Autore: Nathacha Appanah
Traduttrice: Roberta Ruotolo
Fotos: © EURORDIS & V.Viollet